SAN GIUSEPPE MOSCATI
Il 16 novembre viene celebrata dalla Chiesa cattolica la memoria liturgica di San Giuseppe Moscati, il “medico santo” nato a Benevento nel 1880. Trasferitosi a Napoli, e forse a causa della perdita del padre prima e del fratello poi, all’età di 17 anni intraprese gli studi universitari presso la facoltà di medicina nella quale si laureò a pieni voti. Le sue doti come studente e sul campo in breve tempo, lo portarono a raccogliere la stima e la benevolenza dei suoi colleghi e a fare una carriera fulminante. Nel 1911, a trentun’anni, il dott. Moscati vinse il concorso di Coadiutore Ordinario negli Ospedali Riuniti, un concorso importantissimo che non si bandiva dal 1880 e al quale parteciparono medici venuti da ogni parte. Il Prof. Cardarelli, che faceva parte della commissione esaminatrice, rimase ammirato e disse che in 60 anni di insegnamento non si era mai imbattuto in un simile giovane.
Rinunciò alla cattedra di chimica fisiologica presso l’Università Federico II di Napoli per dedicarsi ai suoi ammalati presso l’ospedale Incurabili di cui divenne Primario.
Si distinse sempre per la dedizione amorevole e assidua ai malati, in particolare ai più umili, quelli che non avevano i mezzi per sostenere i costi delle cure.
Morì improvvisamente a Napoli, a soli 47 anni, nel 1927. Papa Giovanni Paolo II lo dichiarò santo nel 1987. Tra i più popolari del XX secolo.
Tra le prime testimonianze dopo la sua morte, significativa è quella del cardinale di Napoli, Alessio Ascalesi. Dopo aver pregato dinanzi al corpo di Moscati, rivolto ai familiari disse: “Il Professore non apparteneva a voi, ma alla Chiesa. Non quelli di cui ha sanato i corpi, ma quelli che ha salvato nell’anima gli sono andati incontro quando è salito lassù”.
Nel registro delle firme, posto nell’ingresso della casa, tra le altre, c’era questa frase: “Non hai voluto fiori e nemmeno lacrime. Ma noi piangiamo, perché il mondo ha perduto un santo, Napoli un esemplare di tutte le virtù, i malati poveri hanno perduto tutto!”
Il corpo fu sepolto nel Cimitero di Poggioreale, nella Cappella cimiteriale dell’Arciconfraternita della SS.Trinità dei Pellegrini. Tre anni più tardi, il 16 novembre 1930, l’Arcivescovo di Napoli decise di trasferire il corpo alla Chiesa del Gesù Nuovo dove tuttora le spoglie sono tumulate sotto l’altare a lui dedicato. Un Santo per essere proclamato tale dalla Chiesa, deve aver “praticato virtù a livello eroico” oppure aver intercesso almeno per un evento ritenuto miracoloso. È necessario inoltre un secondo miracolo per riconoscere la sua Santità a conclusione del processo canonico. San Giuseppe Moscati si è reso protagonista di ben 3 eventi prodigiosi guarendo tre persone: Costantino Nazzaro, Raffaele Perrotta e Giuseppe Montefusco.
Costantino Nazzaro, era un maresciallo degli agenti di custodia. L’uomo era in perfetta salute fino a quando nel 1923 un ascesso freddo alla radice della gamba destra non lo portò ad ammalarsi. Durante il ricovero nell’ospedale militare di Genova le sue condizioni fisiche peggiorarono. La diagnosi dopo una visita medica fu “morbo di Addison” che gli lasciava poca o nessuna speranza di vita. Nella primavera del 1954 l’ammalato, entrato nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, pregò dinanzi alla tomba di San Giuseppe Moscati. Vi tornò ogni 15 giorni per quattro mesi. Una notte Nazzaro sognò di essere operato da Giuseppe Moscati e svegliatosi si trovò guarito. I medici che lo visitarono non riuscirono a spiegare la scomparsa della malattia.
Raffaele Perrotta invece, fu guarito istantaneamente da meningite cerebrospinale meningococcica tra il 7 e l’8 febbraio 1941. Quando gli fu diagnosticata, la patologia era già in forma grave e il ragazzino a detta dei medici aveva pochissime speranze di sopravvivere. Le sue condizioni si aggravarono e la madre del piccolo invocò Giuseppe Moscati. Dopo alcune ore Raffaele riprese conoscenza debellando definitivamente la malattia. La diagnosi dei medici fu la seguente: “Ddue sono i dati incontrovertibili: la gravità della sindrome che faceva prevedere la prossima fine del giovane e l’immediata e completa risoluzione della malattia”.
Giuseppe Montefusco, era presente alla canonizzazione di Giuseppe Moscati. All’età di venti anni, agli inizi del 1978, cominciò ad accusare pallore, vertigini e inappetenza. All’ospedale Cardarelli di Napoli gli diagnosticarono una “leucemia acuta mieloblastica che lo avrebbe portato in poco tempo alla morte. La madre una notte sognò la fotografia di un medico in camice bianco. Al mattino raccontò tutto al parroco che la invitò ad andare a pregare nella chiesa del Gesù Nuovo. La guarigione del figlio arrivò dopo meno di un mese. Anche in questo caso i medici rimasero sconcertati. Una consulta medica inviò ai consultori teologi e poi ai cardinali la relazione che affermava che si poteva parlare di guarigione non spiegabile.
La Chiesa Cattolica ha accertato e riconosciuti questi tre miracoli e sancito la beatificazione di Giuseppe Moscati.